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Edilizia Penitenziaria: Progettare lo Spazio Sanitario - Penitenziario

Il progetto dell’arch. Ines Nappa ha vinto il premio Flores 2019 intitolato al dott. Claudio Flores, che dal 1987 è stato educatore del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, quindi direttore dell’Area pedagogica del carcere di Poggioreale, e in seguito direttore dell’Ufficio Detenuti e trattamento del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria.

Profondo conoscitore del pianeta carcere, dei suoi meccanismi, e dell’impatto sulla vita dei detenuti, Flores, grazie alla sua sensibilità, ha favorito l’integrazione e la conoscenza della vita tra le sbarre e del personale a essa dedicata, sia nella città di Napoli che in tutta la Regione.

A lui si deve la grande sensibilità con cui ha da sempre acceso interesse su tali questioni da sempre accantonate e il premio nasce proprio per rendere omaggio anche alla passione con cui ha svolto il suo lavoro.

Il lavoro di ricerca per la tesi sperimentale della nostra collaboratrice, l’arch. Ines Nappa, è stato
elaborato su un particolare edificio che ospita spazi destinati all’erogazione dei servizi sanitari
per la popolazione detenuta (Sezione di Assistenza Medica Intensiva “S.Paolo” interno alla casa
circondariale di Napoli-Poggioreale).

La difficoltà di approccio nel progetto di questo luogo, che appare di per sé così ricco di
contraddizioni, ha fatto sì che la concretizzazione dello spazio del carcere snaturasse la
dimensione umana per cui invece dovrebbe essere interamente concepito.

Il tema dello spazio diventa quindi sicuramente un aspetto fondamentale in quegli edifici
destinati ad erogare servizi sanitari alla popolazione detenuta.

In particolare la bassa qualità costruttiva e prestazionale degli stessi peggiora le condizioni di
vivibilità e quindi di conduzione di una vita dignitosa, seppur ristretta. Le nostre strutture sono
ormai al collasso sotto vari aspetti organizzativi e costruttivi.

Il progetto del lavoro di tesi si propone di raggiungere una serie di obiettivi:
– La progettazione di uno spazio detentivo e sanitario di qualità, compatibile con i diritti
dell’uomo a cui è stata privata la libertà personale;
– La compatibilità dello svolgimento dei servizi sanitari con le misure di sicurezza
detentive, quindi la contestualizzazione nel progetto dei principi della normativa sanitaria
a quelli della norma penitenziaria, la più limitativa fra le due;
– La concretizzazione ufficiale, nell’ipotesi di apertura e di interazione con la città, del
principio egualitario del diritto alla salute e della parità di trattamento fra cittadini liberi e
detenuti sancita nella normativa vigente;
– L’utilizzo e la contestualizzazione di alcuni criteri di retrofit edilizio nel campo
dell’organizzazione sia della ricerca preliminare e che del progetto perseguendo la
volontà di mantenimento quasi totale delle strutture esistenti

Il progetto si innesta su due temi: sanitario e penitenziario. Questi due contesti hanno delle
esigenze particolari da soddisfare ma anche notevoli punti concettuali in comune. È
fondamentale comprendere che lo spazio penitenziario, a causa dei limiti più restrittivi che
impone si configura come un “luogo contenitore”.

L’architettura, intesa quindi come la consapevole tecnica del costruire e la capacità di formulare correttamente spazi, deve cercare di dialogare con alcune istanze a volte completamente contraddittorie.

La funzione dello spazio è stata riconosciuta come di fondamentale importanza nell’ambito della riabilitazione e l’attività svolta da progettista deve mirare dunque a concepire spazi che possano offrire il massimo della funzionalità, del comfort, comodità ed estetica in funzione delle risorse disponibili.

Tutto ciò si è poi direttamente collegato all’impegno di migliorare le prestazioni con maggiore
attenzione al comfort ambientale trattandosi di ambienti sanitari, attraverso operazioni di
aggiornamento, integrazione e modernizzazione.

Per risolvere le problematiche legate alle condizioni di benessere ammissibile è stato utilizzato
un sistema a doppia pelle sia per le parti ex novo sia in aggiunta alla preesistenza, inserendo
opportuno giunto strutturale, in maniera da fornire una continuità dal punto di vista prestazionale
a tutto l’involucro.

Le tipologie utilizzate della double skin facade (doppia pelle) sono suddivise in base alla
localizzazione:
– volumi ex-novo abbiamo una doppia pelle passiva chiusa e una doppia pelle con
sistema integrato di colture idroponiche sulla facciata esposta a sud-ovest
– Volume preesistente: doppia pelle passiva chiusa

Le soluzioni per la sostituzione delle sbarre, elemento che mina al godimento ottimale e al
corretto microclima ambientale, si articolano su tre sistemi che vengono inseriti nell’edificio a:

1) Vertically integrated greenhouse: sistema di serre verticali con colture idroponiche
integrate alla doppia pelle (sistema riprogettato e riconcepito per l’inserimento in una
struttura penitenziaria)

2) Doppia pelle passiva chiusa contestualizzata alla destinazione d’uso in oggetto che
viene realizzata mediante il montaggio di due paramenti, uno dei quali costituisce la
chiusura vera e propria, mentre l’altro è generalmente costituito da un vetro singolo;
insieme formano un’intercapedine d’aria che può svilupparsi per tutta l’altezza
dell’edificio. In particolare qui abbiamo l’inserimento di un elemento extra di filtro per
permettere il controllo delle aperture delle camere di degenza (principio di contenimento
penitenziario)

3) Infisso a ventilazione meccanica controllata viene proposto sulle facciate dove non c’è
possibilità di inserire in adiacenza strutture. Sono sistemi i cui componenti migliorano il
comfort ambientale, sono progettate e concepite come chiusi (quindi rispondono al
principale requisito di sicurezza penitenziaria) ma permettono un mantenimento del
microclima ambientale adeguato.

L’ultima parte del lavoro si è concentrata ancora di più sul tema del miglioramento della qualità
ambientale. L’intero progetto vuole porsi con le proposte messe in campo, nel filone di tendenza verso un profondo miglioramento e rinnovamento nella modalità e dei principi dell’approccio progettuale su tali strutture penitenziarie. Il carcere fa parte della città a tutti gli effetti, contribuisce alla sua forma e quindi anche alla sua sostenibilità ambientale. La tematica dell’urban farming si inserisce nel progetto per rispondere sia alle tematiche ambientali sia ai temi strettamente collegati con l’istituzione in questione.

In particolare ci si riferisce alla questione del lavoro carcerario, al tema del passeggio e alla concezione fondamentale educativa e riabilitativa.
Lo scopo finale è quello di dare finalmente un ruolo centrale al carcere anche come risorsa attiva nel contesto urbano.

  • Autrice: Ines Nappa

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